Shiatsu News 69 - dicembre 2022

SH I ATSU E… 11 Shiatsu news n. 69 - Dicembre 2022 nea che dovrebbe andare al di là delle tradizionali competenze sanitarie e coprire molte necessità collaborative, promozionali, informative e relazionali delle CdC e dell’assistenza domiciliare. Per contro spicca l’assenza di figure più chiaramente definite in termini sociali, comunicativi, relazionali e coordinativi come assistenti sociali, sociologi, psicologi, comunicatori. 5. QUALI SVILUPPI? Da quanto detto si comprende come le Case della Comunità e le altre strutture collegate costituiscano la maggiore innovazione progettata nel welfare italiano dopo l’istituzione del SSN nel 1980. Tuttavia il cammino resta ancora molto incerto sia per la complessità del cambiamento previsto sia per le resistenze di varie categorie e ambienti rispetto alla necessità una forte volontà riformatrice di lunga durata. Di qui il rischio è che le innovazioni più rilevanti previste non abbiano le gambe organizzative, professionali e culturali per essere attuate. In particolare, mi pare che emergano almeno quattro focus problematici non adeguatamente definiti e risolti nell’architettura delle Case della Comunità ipotizzate dai documenti costitutivi: a) la questione della personalizzazione e del coordinamento delle cure; b) la questione della rigenerazione e dello sviluppo di comunità, a cui è connessa anche la salute ambientale e comunitaria; c) la questione della governance del Distretto e della CdC; d) la questione della collaborazione fra area sanitaria, sociale e comunitaria, ma anche quella di un riorientamento comune verso un approccio di welfare generativo e di comunità. Ho affrontato questi punti in altra sede (in particolare nell’intervento al Convegno “Verso le Case della Comunità” - https://www.youtube.com/watch?v=1VBw3pS9ZB0 - tenuto a Parma il 15 sett. 2022) e in diversi altri interventi (v. ad es.: Le discontinuità paradigmatiche nella progettazione delle Case della Comunità, in «Sistema Salute», 66, 1) e ad essi rimando per chi volesse approfondire. 6. POSSIBILITÀ DI CONDIVIDERE UN PERCORSO Venendo all’ultimo punto che volevo trattare in questo intervento, mi pongo la domanda se gli operatori shiatsu potrebbero essere coinvolti - e a che titolo - in un processo istituente delle Case. La premessa di base è quella dell’avanzare di una nuova cultura della cura e della salute che sappia fare tesoro di tutte le risorse umane e professionali disponibili. Ovviamente ciò non è scontato, soprattutto è difficile che essa si generalizzi velocemente. Tuttavia è possibile favorirla essendo presenti, in molti modi e forme dentro i processi in corso. Difficilmente ci saranno discontinuità significative senza una partecipazione civica che le solleciti e le accompagni. Il primo spazio in cui è possibile favorire una visione integrata della cura è quello delle équipe multiprofessionali. Tali équipe potrebbero attivare collaborazioni con gli operatori shiatsu (e non solo) per affrontare specifiche tematiche e percorsi di cura, riabilitazione e rigenerazione. Figure chiave sono quelle dei Medici, degli IFoC, degli psicologi che potrebbero stabilire rapporti con gli operatori, una volta stabilita una reciproca conoscenza e fiduciarietà. Un secondo spazio è quello della promozione della salute, una volta che effettivamente si volesse operare con criteri nuovi per favorire la salutogenesi, la cura di sé, la promozione della qualità della vita nella comunità. Qui le figure di riferimento potrebbero essere gli IFoC ma anche i “promotori di salute” specializzati di cui ogni specifica Casa volesse dotarsi. Un terzo spazio è quello della comunità, intesa in particolare come associazionismo e partecipazione civica, sostenuta da iniziative di “sviluppo di comunità” capaci di rafforzare la vicinanza della popolazione, la vivibilità, l’identità, l’inclusione, la coesione sociale. Qui i principali referenti sarebbero le associazioni di volontariato più attive in questi campi o anche dei “promotori di comunità” di cui la CdC dovrebbe decidere a dotarsi. 7. CURA E FRATERNITÀ Per concludere, nel campo del welfare abbiamo bisogno di nuovi indirizzi d’azione e di un rinnovamento delle strutture ispirato da nuovi paradigmi organizzativi, ma anche valoriali capaci di coniugare libertà responsabile, contrasto alle diseguaglianze e azione sociale motivata da un orizzonte di fraternità, intesa come rigenerato orientamento etico-politico che può ispirare l’azione collettiva. Ha scritto E. Morin (2020) nel suo volumetto dedicato alla fraternità: «La fraternità deve rigenerarsi senza posa, giacché senza posa essa è minacciata dalla rivalità». Da parte sua Papa Francesco nella lettera “Fratelli tutti” (2020) ha sostenuto la necessità di affiancare alla libertà e all’uguaglianza la fraternità, come principio politico di convivenza. Egli scrive: «Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune.» La cura sociale e sanitaria, affiancate a quella educativa, salutogenica e ambientale, possono costituire dei rilevanti e essenziali medium simbolici di fraternità, capaci di contrastare efficacemente il continuo risorgere delle rivalità e della frammentazione sociale. È tuttavia necessario costruire delle oasi di fraternità (Morin, 2020) in cui creare il senso del “comune destino” e di un “noi” capace di abitare la Casa comune. Oltre alle ragioni funzionali che abbiamo cercato di esaminare, esistono quindi anche delle ragioni etico-politiche che giustificano una inedita prospettiva socio-sanitaria-comunitaria nella progettazione e sperimentazione delle Case della Comunità. Le une possono operare autonomamente o congiuntamente con le altre, ma probabilmente allorché le “ragioni della ragione” e le pascaliane “ragioni del cuore” riescono ad operare sincronicamente, esse hanno maggiori possibilità di superare i numerosi ostacoli e i venti contrari che frenano il cammino! * Già Professore di Sociologia della Salute e Presidente del Laboratorio Paracelso dell’Università di Ferrara

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