Shiatsu News 68 - aprile 2022

ironica, la poesia di commento si chiede se invece del corvo fosse stata un’aquila, cioè qualcosa di più maestoso, forse avrebbe addirittura salvato tutta la sua esistenza, non una sola giornata. È ironica, ovvio, perché l’illuminazione non dipende dalla grandezza dell’accadimento. Quanto racconta Frost è un episodio semplice, per esempio pensiamo alle cicale che fino a poco fa non si sentivano ed ora ce n’è una che frinisce in continuazione. Sentendola improvvisamente si potrebbe essere colpiti durante la meditazione e così capitare quanto è accaduto a Frost. Questa poesia mi piace perché è leggera e riesce a dare il senso della immediatezza, di come si possa passare da uno stato d’animo all’altro in un istante. Quell’istante in cui, secondo la nostra scuola è l’eternità, quando basta aprire la finestra, vedere un ramo che con un colpo di vento fa cadere la neve e si passa da uno stato di tristezza a uno di compiutezza. Insomma il corvo ha salvato una parte della giornata che il poeta aveva dato già per persa. Allora, se fossimo pronti, quante volte vorremmo salvare delle giornate se non degli anni. Quasimodo scrive: “già la pioggia è con noi, scuote l’aria silenziosa... ancora un anno è bruciato, senza un lamento, senza un grido levato a vincere d’improvviso un giorno” . Un anno bruciato senza che un corvo, scrollandosi la neve facesse vincere a Quasimodo almeno un giorno. L’esistenza è una serie di giorni da salvare, in continuazione, ma basterebbe sapere che questi giorni sono già salvi di per sé, invece di agitarsi nell’esistenza nella maniera in cui hanno deciso altri per noi. E si corre, si corre come il maratoneta che ha fatto tutti quei km nel freddo dell’Alaska di cui abbiamo parlato dopo aver letto il libro in questi giorni. Egli dice che viveva in campagna fino a quando per lavoro del padre sono andati a vivere a Milano. Abitava in una casa all’ottavo piano da dove vedeva degli operai che lavoravano nella fabbrica sottostante che entravano ed uscivano ingobbiti dopo decine di ore di lavoro. Ha deciso che non poteva fare una vita così, uscire dal luogo di lavoro con quella faccia disperata. Invece, chi fa quel lavoro, trova naturale entrare nella fabbrica a farsi sfruttare e in molti casi ammalare per pochi soldi, per tanti anni! E tutto questo sembra normale, insomma ce lo fanno passare per normale. E l’unico risultato è quello di andare in pensione, se nel futuro ci si riuscirà o per chi ci crede, andare in paradiso dopo morti. Si può vivere aspettando di morire per andare in paradiso? Invece si accettano i giorni da rimpiangere, di cui rammaricarsi senza accorgersi del corvo che su un ramo colmo di neve ci spruzzi addosso la polvere di neve e improvvisamente ci faccia risvegliare. Non si deve essere schiavi di chi dice di affrettarci per guadagnare una misera paga in un luogo da schiavi in attesa della pensione o addirittura del regno dei cieli. Bisogna vedere questo inganno, svelarlo e liberarsene. La vita è adesso, ogni istante va vissuto e goduto essendo capaci di vedere in ogni momento il corvo che ci faccia apprezzare quel momento. Senza aspettarsi che compaia un’aquila, qualcosa di grandioso. È nelle piccolissime azioni che si rivela l’assoluto, e la nostra convinzione deve essere di vedere la vita che si svela davanti in questo istante. Senza aspettare che fra due ore si potrà dormire, che in autunno verrà la pioggia: mi tengo il sonno e la stanchezza, mi tengo il caldo e il sudore. Ogni atto che si sta facendo è l’esistenza senza alcuna attesa di corvi e ancora meno di aquile. Se si sta attenti, di istanti per meravigliarci di corvi che scrollano la neve se possono trovare a ogni passo dell’esistenza. I NUOV I KOAN 53 Shiatsu news n. 68 - Aprile 2022 Ho ritrovato questa breve poesia su un foglietto di tanti anni fa. Può essere che invece di Richard l’autore sia il più conosciuto e affermato Robert? Non lo so, prendiamola per quello che scrive senza attaccarci al nome dell’autore. Questa poesia l’ho imparata a memoria almeno una trentina d’anni fa, forse l’ho già citata in qualche junkei, poi me la sono ritrovata davanti e ho deciso di utilizzarla per il teisho. È una delle pochissime poesie non in lingua italiana che ho imparato a memoria e m’ha colpito l’accadimento del corvo che scuote le sue ali e della neve cade dall’albero su cui era posato. È un’inezia nella quantità di azioni nelle quali siamo coinvolti in continuazione, eppure sono innumerevoli gli episodi nella nostra tradizione in cui dei maestri hanno fatto il satori per delle inezie come questa. Lo stesso Mumon roshi si dice che abbia fatto il satori nel vedere il ginko biloba perdere le foglie. Noi ne abbiamo uno fuori del piccolo zendo e quest’albero, in autunno ovviamente, ha la caratteristica di perdere tutte le sue foglie gialle di colpo. Un po’ come se invece del corvo e della neve ci fosse uno scrollarsi delle foglie. Un altro maestro fece il satori sentendo un sassolino battere contro un bambù. E così tanti altri casi. Frost non si può dire che abbia fatto il satori, però è accaduto qualcosa di simile, qualcosa che ha ridato vita alla sua giornata. Tanto che, in maniera

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