Shiatsu News 68 - aprile 2022

Ho incontrato fuggevolmente Attilio nel 1990 a Padova. Poi poche altre volte finché, nel 1999, è diventato direttore dell’Istituto Culturale dell’allora Fis. Per quindici anni ci siamo trovati regolarmente – e piacevolmente - per ideare e organizzare iniziative che sono state espressione della cultura dello shiatsu e ne hanno promosso la crescita e la diffusione. A quelle più importanti e impegnative, i Convegni nazionali annuali, Attilio, ha data la sua impronta di persona curiosa e molto aperta a tutti gli sviluppi dello shiatsu, purché fondati. Alla sua sensibilità particolare verso la dimensione spirituale nell’esperienza shiatsu dobbiamo l’innovativa proposta di dedicare un ciclo di convegni a questa tematica, che si completò con un soggiorno organizzato per i soci a Plum Village, il monastero fondato in Francia da Thich Nhat Hanh. Come membro dell’IC ho sempre apprezzato molto il suo essere quello che chiamo un leader affettivo, capace di motivare i collaboratori e di valorizzarli, di saper delegare e però anche tener unito il gruppo. Come praticante shiatsu gli sono grata per la sua attitudine etica nei confronti dello Shiatsu, che rappresentava per lui un convinto impegno di vita. Gli ho voluto bene. Ed ecco che improvvisamente non c’è più, una morte repentina irrompe attraverso una telefonata. Pian piano ho realizzato che non lo potrò più vedere, non ci potrò più parlare. Ho pensato che il suo modo di morire è stato molto in sintonia con il suo carattere e il suo modo di fare: conciso, dritto al punto. Questo pensiero mi riconcilia un po’, ma solo un po’, con il forte sentimento di mancanza. Così vorrei qui far risuonare ancora una volta la sua voce attraverso lo stralcio di un’intervista che gli feci tempo fa, parte di un libro di prossima pubblicazione. “Cosa è stato lo shiatsu per me? C’è voluto un trauma personale nel 1975. Ho capito che dovevo cambiare vita e ‘casualmente’ ho incontrato lo shiatsu in quel seminario di Yuji Yahiro. Mi ci sono buttato dentro perché sentivo che era la mia storia, era quello che stavo cercando e mi apparteneva. Mi apparteneva perché, a differenza dei miei compagni di corso, avevo come un’attitudine spontanea a entrare immediatamente nella tecnica e nella teoria che dunque diventavano mie molto rapidamente. Poi c’è un altro punto. Avevo abbandonato la religione: mi rendevo conto che parole come anima e spirito mi erano state inculcate ed erano diventate per me parole del tutto vuote. Iniziando con lo shiatsu, nel giro di poco tempo si è verificata una messa in movimento, ci sono stati un riconoscimento di cosa fosse l’energia e una capacità di sentire del tutto nuova, più pulita e più chiara. Ho capito che effettivamente c’è una parte nostra, chiamiamola anima o spirito o anche solo consapevolezza, che esiste al di là di quello che dicono i preti o la mamma. Ne avevo quotidianamente le prove in me stesso e nei confronti degli altri. Era come se avvenisse una pulizia e si mettesse in moto un’energia che mi rendeva e mi rende consapevole di essere in rapporto con qualcosa di più grande: gli altri, l’ambiente e l’Universo. Quindi lo shiatsu non è solo tecnica e teoria, kata. È ben altro. È pulizia, ambiente, capacità di alimentarsi correttamente, spiritualità, è unione con gli altri e l’Universo. A quel punto ero io con la mia stessa esperienza a scoprire che queste cose potevano esistere! Non è un caso che quando presentavo lo shiatsu dicessi: “è una strada senza ritorno, non puoi far finta che quello che hai scoperto non ci sia. Se torni indietro sono cavoli tuoi”. Anche per questo dico che, quando uno fa troppe cose nel trattamento, vuol dire che non crede nello shiatsu e non ha capito fino in fondo che cosa è. Perché lo shiatsu per me è vita corretta, meditazione, consapevolezza: in una parola è Vita.” Caro Attilio Il ricordo di Maria Silvia Parolin I N R I CORDO D I ATT I L I O 11 Shiatsu news n. 68 - Aprile 2022

RkJQdWJsaXNoZXIy ODk0MDk=