Shiatsu News 66 - giugno 2021

ora che a cento anni d’età riporta al cuore quell’immagine è evidente l’impermanenza. Noi vediamo scorrere l’esistenza fuori del nostro corpo e nemmeno quando ci vediamo allo specchio ci accorgiamo di come tutto passi, perché i cambiamenti del nostro corpo sono così infinitesimali che ci sfuggono. L’impermanenza ci consuma senza tregua, tanto che per capire come davvero si cambi c’è chi suggerisce di farsi una foto ogni tanto e vedere come cambiamo davvero. A parte ciò, questa sera non voglio insistere sulla tristezza che ci prende nel vedere il passaggio del tempo relativo. Questo è parte dell’esistenza e la poesia di Shibata san non è così triste. Per i giapponesi la vista dei fiori di ciliegio che cadono è sì triste ma è la vita, sono abituati a soffermarsi su queste sensazioni di fine, di passaggio. La sua è una tristezza felice, definendola con un ossimoro. Certo, i ricordi portano la malinconia nel vedere che per quanto ci si liberi si rimane attaccati al bello di quanto è passato. Questa mattina siamo andati ad accompagnare i nipoti che partivano per Trento dalla stazione di Orvieto. Così belli e freschi come sono tutti i bambini, in giro con i loro zainetti e felici di salire sul treno. Fra una settimana, al ritorno saranno già più grandi e già con altri interessi. E così fra un anno, le scuole, gli amici, lo sport. Tutti abbiamo visto i bambini crescere e diventare sempre più staccati da noi. Tornando al fatto che stiamo trattando una poesia in un luogo di zen, si può concludere, con la poesia che fa da cappello: verrà il tempo del vento invernale freddo e crudele, così diverso da quello caldo e dolce che la poetessa ricorda. Non c’è dubbio che il dolce della gioventù si modificherà nell’amarognolo della vecchiaia, nostra e dei nostri genitori. Però, quanto dà senso a tutto è la conclusione della poesia che commenta: basta saper ascoltare la madre del mondo. Shibata san viene accarezzata dal vento e sente la voce della madre da giovane. La madre di cui tratta è quella che l’ha tenuta nel ventre e partorita, tutti siamo stati partoriti da una madre, ancora avviene così. Ma prima che nascesse nostra madre, e la nonna e giù giù fino ad Eva, da cui tutti sembra che proveniamo, c’è stata una madre. Se si riuscisse a trovare la madre originaria, anche se verrà il freddo e il vento crudele dell’inverno, o della vecchiaia e della malattia, saremo a posto. In questa scuola si persegue proprio questa ricerca, quella che ci faccia rientrare nel grembo della madre da cui tutti originiamo. C’è il momento in cui ci immalinconiamo di ciò che è passato, degli odori che ci riportano piaceri e visioni, e dei colori che danno il senso del passaggio. Tutto fa parte dell’esistenza degli umani, e dovremmo richiamare la voce che non è della madre terrena che ci ha messi al mondo, ma della madre universale che ha messo al mondo tutti. Che tutti abbraccia, che tutti a modo suo protegge, magari non col viso sorridente con cui la madre di Shibata san guarda la figlia. C’è una breve poesia fulminante di Ungaretti: “Mi porteranno gli anni chissà altri orrori, ma ti sentivo accanto, m’avresti consolato” . Magari, consolare può sembrare che abbia un significato superficiale, palliativo, ma se si trova la madre da cui tutti proveniamo, la madre dell’universo, allora come Ungaretti, più che essere consolati saremo soddisfatti di essere al mondo con tutte le gioie e le tristezze che conosciamo. I NUOV I KOAN 41 f il rouge Shiatsu n ews n. 66 - Giugno 2021 S hibata Tomyo è una signora giapponese che dovrebbe avere cento anni, se non di più. Ha cominciato a scrivere poesie quando ne aveva novanta. Nei monasteri zen giapponesi i maestri prendono in esame i testi tradizionali, che siano raccolte di koan oppure dei sutra. In questa scuola s’è seguita la stessa tradizione e in circa quaranta anni di sesshin si sono esaminati i testi più importanti dello zen oltre a quelli su altri maestri, come Nisargadatta. Infine è iniziata la storia dei nuovi koan di Bukkosan e Zenshin roku . Da un anno si sta lavorando sulle poesie e la poesia di questa sera è contenuta in un libretto prestatomi da un discepolo che in Giappone ha venduto almeno un milione di copie. Nella sua semplicità, quasi che una signora così anziana sia tornata bambina, si sente il gusto sia di scrivere e ricordare quel tempo che la malinconia dell’impermanenza. Essa si accorge che quanto avrebbe voluto fare per la madre non può farlo più perché ormai è morta. Anzi, in questo momento ha addirittura più anni del ricordo della madre. Inoltre, c’è la tristezza di sentire lo stesso vento caldo che l’accarezzava da bambina e sentire la voce della madre da giovane. Le poesie che vengono trattate qui hanno sempre qualche riferimento alle questioni esistenziali, quasi i massimi sistemi, potremmo dire. I poeti che si avventurano a scrivere su questioni al fondamento dell’esistenza sono molti. Invece, Shibata san non si avventura nei massimi sistemi, però tocca delle corde sensibili della nostra esistenza. Perché tutti abbiamo avuto una madre e possiamo ricordare il momento in cui era giovane e quando infine la vediamo scomparire. In ciò si può constatare l’agire ininterrotto dell’impermanenza, la legge che regola l’universo e di cui il Buddha ha fatto la base per enunciare le Quattro Nobili Verità. Nella bambina che corre con la sua girandola per prendere il vento che la fa girare mentre la madre la osserva,

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