Shiatsu News 64 - aprile 2020
L a poesia è un po’ lunga per i teisho delle sesshin e ci sarebbe da dire molto. Io mi sono soffermato solo sull’incongruenza, secondo me, che pur essendo il vuoto la suprema pienezza l’uomo non ha il diritto di saperlo. Di fronte ad affermazioni così perentorie, i maestri che agiscono in Hekigan roku e Mumonkan avrebbero immediatamente risposto che se l’uomo non ha diritto di conoscere il vuoto che ci sta a fare? Infatti, nella poesia che fa da cappello a questa si torna coi piedi sulla terra per constatare che il mondo è questo e soltanto esso fa accedere al vuoto. P er la Weil l’uomo dovrebbe sfuggire alle leggi del mondo e quando avviene è solo per la durata di un attimo. Per noi che abbiamo chiaro come il nostro essere nel mondo lo sia nell’apparente come nel reale le affermazioni di Weil sono soltanto dei lampi d’intuizione: istanti di arresto, di contemplazione, di vuoto mentale e grazie a questi istanti è capace di sovrannaturale. Va bene, ma poi, dopo questi istanti? Una volta che si è stati capaci di sovrannaturale poi che si fa? Certo, c’è l’immaginazione che colma il vuoto, ma che significa? Infine, amare la verità per lei significa sopportare il vuoto e di conseguenza accettare la morte. Potrebbe significare che si accetta la morte del sé relativo che vorrebbe vedere il vuoto? È apprezzabile lo sforzo di Weil di portare alla luce qualcosa che ha compreso però, come avviene per tutte le poesie che si commentano qui, ci si accorge dei lampi di comprensione dei poeti i quali ci costruiscono sopra dei castelli che con l’illuminazione non c’entrano affatto. I poeti hanno dei momenti di illuminazione, se così possiamo chiamarli, dei lampi come li chiama Weil che aprono squarci, ma rimane il fatto che essi non sono in grado di arrivare ad alcuna conclusione pratica. Perché una volta visto il vuoto che si fa? Vale la pena di starci ed usarlo, ammesso che lo si possa usare? E soprattutto come accederci il momento in cui vi si vuole accedere? Tutto questo il poeta non lo può fare, ammesso che lo voglia. Perché se lo si vuole bisogna andare da chi sa accederci e non aspettare che si materializzi per mezzo delle poesie che scrive. I nvece di stare con la immaginazione a chiudere tutte le fessure per le quali passerebbe la grazia. Siccome il vuoto per Weil è la suprema pienezza, l’uomo dovrebbe provare ad accedervi. Infatti, per la poesia del koan il mondo esiste per lavorare alla scoperta del vuoto. Altrimenti saremmo come i passeggeri di una navetta spaziale che attraversa l’esistenza dalla nascita alla morte senza aver esperimentato e gustato la suprema pienezza, ovvero rimanendo sempre nell’apparente senza mai accedere alla realtà. Insomma, si starebbe lì a immaginare, ad aspettare i momenti di grazia, di intuizione, ma sempre in attesa, ovvero senza agire per mettersi nella condizione che faccia accedere alla realtà. Io non conosco molto di Simone Weil, reputata una grande pensatrice, qui la sto leggendo per mostrare i limiti dei poeti. E ancora più per rendere chiaro che noi siamo una scuola in cui ci si confronta con gli stessi problemi di Weil, ma la differenza fondamentale è che ci chiediamo come fare per realizzare ciò di cui si sta discutendo. Chiediamo come si fa a eseguire il movimento di taichi o di arrampicata, per una canzone o per cucinare un buon piatto di pasta. Noi chiediamo a chi è nato prima di noi a quell’arte come diventarne maestri. N on si può andare ogni volta da chi è più bravo per farsi fare ciò che vogliamo, ma ci si deve mettere in condizione di farlo da soli. Infatti, questa scuola insegna a entrare nel vuoto e realizzarlo. Altrimenti si è come una bandiera che si muove a piacere del vento, mentre ognuno deve decidere da sé come muoversi e quando. È scontato che essendo esseri umani la libertà di fare come si vuole trova spesso delle barriere dovute alle malattie, alle fatiche, alle distanze, alle incomprensioni, ma per quanto è possibile si deve essere liberi di muoversi in maniera indipendente. È anche scontato che una volta che si è avuto accesso al vuoto, proprio perché il mondo esiste per permettere la scoperta del vuoto, si è tranquilli. Come chi ha un buon conto in banca, chi ha una casa in cui tornare, sicuro di avere un rifugio. I NUOV I KOAN 39 Shiatsu news n. 64 - Aprile 2020 f il rouge
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