Shiatsu News 59 - marzo 2018
9 n. 59 - Marzo 2018 Un segno, un simbolo, che raccoglie la storia artistica di Michelangelo Pistoletto. In princi- pio è stato lo specchio, o meglio la superficie riflettente. Frutto di una crescita personale e artistica che portò Pistoletto a confron- tarsi con se stesso attraverso l’autoritratto. Specchio come mezzo esterno per indagare la propria immagine che viene ben presto abbandonato, diventando la superficie riflet- tente essa stessa tela. Concettualmente si viene a fissare il pre- sente, la realtà, il momento unico che in se stesso rappresenta la verità, che prima era ipotesi e dopo sarà racconto e, quindi, in- fluenzata da elementi soggettivi che tende- ranno a rappresentarla, non potendo resti- tuirla uguale in tutti i suoi fattori. La verità è quindi, un punto, che nei quadri specchianti si fissa con l’immagine. Un atti- mo che fugge tra l’infinito prima e l’infinito poi. Ma il quadro specchiante non è solo un’im- magine, è il mondo conosciuto che in ma- niera volontaria o involontaria entra nello specchio, c’è quindi un’interazione che ha una durata, un inizio e una fine. Praticamente è come se il simbolo dell’infi- nito non avesse più un’unica intersezione, ma due. Due, il rapporto duale, l’uno e l’altro. Lo spec- chio e Pistoletto ci corrono in aiuto anche in questa analisi. Lo specchio da solo non ha valore, perché manca la sua funzione, che è quella di riflettere, lo specchio quindi è zero. Ponendomi davanti allo specchio, automati- camente, compare anche la mia immagine e quindi siamo due. L’uno perde di valore in quanto singolo e deve considerarsi nel suo confronto con l’altro, un altro uno. Confron- to che però non sarà mai la mera somma dei due, sarà sempre un qualcosa di nuovo, una creazione, una terza cosa, sarà 1 + 1 = 3. intervi ste Semplicità dicevamo, di un simbolo che per sei mesi ha rappresentato la Missione VITA dell’Agenzia Spaziale Italiana nell’orbita ter- restre, un viaggio nello spazio che è la ri- sultante di una miriade di cose complicate che ce lo fanno apparire quasi facile. Come inviarsi un filmato tramite Whatsapp o ar- rivare dall’altra parte del mondo in 12 ore. La semplicità del simbolo del Terzo Paradi- so è proprio in questo, nell’essere continua proposta, nel dare pari dignità a cose diver- se o uguali, opposte o convergenti, al vuoto come al pieno, perché l’uomo, la persona, la società hanno bisogno dell’interazione ed esistono perché 1 + 1 = 3. Michelangelo Pistoletto ama dire che lui non ha inventato nulla, che ha semplicemente svelato, combinandoli, degli elementi che erano già presenti sotto gli occhi di tutti. Paradiso, dal persiano pairidaeza, “giardino recinto”, trova così un significato non re- ligioso, ma di sostanza, indicando nel suo avvicendarsi tra il primo e il secondo un’al- ternanza discontinua e, per certi versi, pe- ricolosa. Pistoletto definisce il primo paradiso come quello naturale, di quando eravamo dentro la mela; il biblico morso è quindi la nascita del secondo paradiso, l’artificio o la tecno- logia, che però mangia la mela disinteres- sandosi completamente del fatto che è essa stessa il suo nutrimento futuro e che avrà una fine. Mela che, però, per quanta buona volontà potremmo metterci, non potrà più tornare nella sua forma primordiale, anche perché noi non siamo disponibili a rinunciare all’e- nergia elettrica, agli smartphone, a Facebo- ok! Si può però convergere verso il suo rispetto, verso le buone pratiche, anche se piccole, verso un’armonia tendente al ripararla, a reintegrarla anche e soprattutto grazie alle nuove tecnologie, rappresentate dai punti di sutura nella grande Mela reintegrata , omag- gio alla Città di Milano, che accoglie il visita- tore di fronte alla Stazione Centrale. Il Terzo Paradiso è il cerchio centrale, dove l’io e il tu diventano noi; dove il più e il meno diventano energia; dove la tesi e l’antitesi diventano sintesi; dove il passato e il fu- turo si rispecchiano nel presente, creando un’idea di responsabilità sociale, e quindi di ognuno di noi, nei confronti del tutto che ci circonda.
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