Shiatsu News 51 marzo-aprile 2016

25 n. 51 -Marzo 2016 caso n°8 comprendere che non ha senso di mettersi a discutere sui tempi vuoti o pieni: è immediato, ba- sta un battibaleno. Proprio que- sta mattina, durante il mondo, è stato detto che la nostra scuola non appartiene ai tempi lunghi o corti ma alla scuola della im- mediatezza, ovvero dell’eviden- za immediata. Perché l’assoluto non può essere che così. È ovvio che ci vogliano i tempi lunghi per abituarsi a stare seduti, per imparare a respirare e a cam- minare, come a recitare i sutra, cioè tutti quegli apprendimenti che ci rendono padroni di una certa tecnica. Il fatto è che la tec- nica e l’assoluto sono due stati diversi. La tecnica è importan- te: saper guidare l’auto, saper scrivere, saper curare i malati e saper costruire le case... Sono tante le tecniche da imparare e continuare ad approfondire. Che sarebbe non finire mai di migliorare. Nell’assoluto ci si entra non perché è al termine di un accurato miglioramento, ma perché è così: basta un battiba- leno. Nel koan numero 2 di He- kigan Roku, Joshu afferma che la via è senza difficoltà. È pro- prio quanto hanno affermato in continuazione i maestri del tem- po di Joshu e dopo di lui: basta aprire gli occhi e in un battito di ciglia si spalanca la meraviglia dell’illuminazione. È come dice Montale e uno se la potrebbe leggere e trovarvi tutto quello che ci vuole trovare, ma questa è una scuola Rinzai e stiamo vi- vendo la sesshin. Oltre a quanto detto finora c’è da aggiungere la contro poesia: e poi che si fa? Come si può essere in grado di non buccinare, cioè perdere tempo e dedicarsi a scoprire il battibaleno? Montale non lo dice e nemmeno ci prova ed è giusto, non è compito dei po- eti avventurarsi e non lo fanno nemmeno i maestri. Però biso- gna dire qualcosa su questo, e i teisho hanno apposta la contro poesia. Nella poesia si afferma che non occorrono tempi lun- ghi, così si può controbilancia- re con quello che non occorre, poi non esistono tempi corti e di contrasto quello che non esiste, passa il battibaleno e rimane fermo fra i tempi vuoti e pieni. Che significa? Se ci fermiamo alla poesia di Montale, che è bella, è giusta e dice quello che ci vuole, poi però passa il batti- baleno, ovvero quel istante che dovremmo cogliere per vedere la luce e si resta ancora fra i vuoti e i pieni. I vecchi avrebbe- ro detto: con una mano davanti e una dietro. Ancora indecisi se valga più il vuoto oppure il pie- no. Ancora a discutere come i monaci se la bandiera si muo- ve a causa del vento oppure è essa che fa muovere il vento. Come le tante discussioni in cui si cerca di definire con un abusato luogo comune il sesso degli angeli. Nella nostra scuola siamo abituati a non rimanere alle parole, ma a compren- dere realmente quanto dice Montale, ossia sappiamo bene che non ha senso buccinare di tempi vuoti o pieni, ma lavoria- mo sia sul vuoto che sul pieno. Anzi, sappiamo come entrare ed uscire dal pieno e dal vuoto. “ Il maestro Rinzai lo ha ripetuto molte volte e i koan ci permetto- no di sgusciare agilmente nelle diverse situazioni. Però non ci fermiamo a discutere, perché ci sono sia i koan che la pratica, non nella maniera deterministi- ca che si potrebbe pensare che porti alla comprensione. Non è così, le parole sono queste e non ce ne sono altre per dire il battibaleno. Il battibaleno non può essere circoscritto dalle pa- role. Lo chiamiamo battibaleno come chiamiamo assoluto l’as- soluto, ma dire assoluto all’as- soluto non significa vederlo o farlo vedere: è impossibile. Allo- ra ci chiediamo, ammesso che Montale abbia ragione, come non rimanere fermi in mezzo a discutere fra quello che è giusto e quello che è sbagliato, fra ciò che esiste e ciò che non esiste, ché il battibaleno passa e non lo prendiamo più. Rimaniamo fermi e imbambolati fra i tem- pi vuoti e quelli pieni. Non so che direbbe Montale di questo commento, che poi io non sto commentando la sua poesia. Quanto avviene con le poesie durante il teisho è di prendere ciò che i poeti sembra abbiano capito, farlo nostro e poi ren- dere quella comprensione più palpabile con la contro poesia. Per avere una comprensione spendibile, da usare. Altrimen- ti, a parte il piacere di leggere o imparare a memoria una poe- sia, non resterebbe altro. ‡

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