Shiatsu News 41 settembre 2013

26 R icordo bene questo epi- sodio da uno dei van- geli. Quando negli anni sessanta ho cominciato a inte- ressarmi di buddismo ho fre- quentato a Roma un gruppo guidato da Diana Valentini. Era stata una maestra di scuo- la montessoriana, e ogni tan- to citava questo episodio del vangelo. Intendeva dimostra- re che nel cristianesimo anti- co ci fosse una credenza nelle vite passate. Infatti, se si na- sce una sola volta, non si vede quale colpa si possa avere. Giu- stamente si chiedeva per qua- le motivo avessero chiesto se la colpa era del cieco o dei geni- tori, visto che l’uomo era nato già cieco. La maestra Valentini usava di proposito questo epi- sodio quando l’Italia era anco- ra pre-buddista e pre-reincar- nazionista. La Valentini credeva che si do- vesse evolvere liberandosi del cattivo karma delle vite prece- denti. Solo così si sarebbe po- tuti entrare nel sentiero, e per mezzo della pratica, uscire dal samsara per accedere, poco a poco, al nirvana. Comunque, per quanto riguar- da il koan, la domanda é molto semplice: “Se cammino per la strada e mi cade un vaso in te- sta è colpa mia? Era scritto nel mio karma, o destino, che do- vesse cadermi un vaso in testa, o Dio mi ha voluto inviare un messaggio per farmi cambia- re vita, facendomi andare in ospedale a riflettere sulla mia esistenza?”. Un discepolo mi disse che la sua scelta di venire a praticare, benché fosse già un allievo d’al- pinismo, era maturata durante un lungo ricovero in ospedale per un incidente di moto. Nel caso del cieco presentato a Cri- sto, Dio avrebbe potuto decide- re di farlo nascere cieco, affin- ché da quel handicap nascesse la volontà di guardare in se stesso e di liberarsi. C’è chi in- vece crede che la cecità dipenda dal karma delle vite preceden- ti. Così è per chi nasce povero o ricco, chi nasce bello e chi brut- to, altri intelligenti, altri ancora stupidi, chi muore presto e chi tardi: tutto dipende dal karma. A chiunque può essere venuta la domanda posta a Cristo, o al maestro zen: “Perché mi é suc- cessa questa disgrazia? E colpa mia o è stato deciso altrove?”. Se fosse come dice la poesia: “ Non si muove foglia che Dio non voglia ”, si dovrebbe stare tutti buoni, senza fare domande e accettando, come uno stereo- tipo fatalista, tutto ciò che Al- lah ha deciso per noi. Vorremo sapere se c’è un determinismo dovuto alle vite precedenti, o almeno da quando si nasce, che elargisce premi o punizioni, oppure, come afferma Nisar- gadatta, se nell’ovulo feconda- to è già scritto il film di tutta la vita. Cristo risolve la questio- ne dicendo che è Dio a decide- re così. Ma la voce s’intromette: “ uno scaricabarile ancora mol- to usato ”. Succede che, quando non si trovano spiegazioni ra- gionevoli, ci si appelli al fato, o alla provvi- denza di Dio sperando nel- la sua prote- zione. Molti si comportano così di fron- te ai problemi de l l ’e s i s t en - za, non soltanto cristiani o mu- sulmani, ma tutti quelli che si trovano di fronte problemi in- sormontabili. La stessa doman- da di Cristo viene posta al ma- estro, il quale ha due risposte: prima dice che dipende da Dio, e poi che Dio è un pezzo di car- ta igienica usata. La voce ester- na dice che la seconda è una risposta esagerata, e lo dice ad- dirittura con due gi. Invece, ciò che è importante, siccome il koan è tutto qui, è l’impossi- bilità, di fronte a questi oppo- sti, di riuscire a dire: questo è giusto, quello è sbagliato. Dal maestro, che prima dà una ri- sposta e poi un’altra opposta, il pragmatico buddista pratican- te vuole sapere: “D’accordo, ma adesso che cosa devo fare?”. È proprio della nostra scuola, di fronte al Buddha che si È risve- gliato, chiedere: io, per risve- gliarmi, che devo fare? Creder- ci non è sufficiente. Si dice che per riuscirci, il Budda sia sta- to seduto sotto un albero per settimane, a seconda delle tra- dizioni. Così, il monaco zen, prendendo esempio dai mae- stri come Bodhidharma, siede a gambe incrociate e non si muo- ve finché non ottiene il risve- glio. Comunque, queste sono le domande che si pone chi ha fatto l’illuminazione, come chi non l’ha fatta. Chi riesce nell’il- n. 41 - Settembre 2013 NEWS Qualunque tipo di attaccamento fa vivere nella confusione, incapaci di scegliere, momento per momento, quanto la vita presenta CASO N° 18

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