Shiatsu News 39 marzo 2013

shiatsu e… 15 n. 39 - Marzo 2013 NEWS specie, il ruolo di Satana, l’angelo ri- belle e nemico della Chiesa stessa. Per contro, la casta guerriera e la borghesia laica del tempo si fregerà invece proprio dell’attributo del drago- serpente per distinguersi in valore e nobiltà. In Sud America, nel Messico precolombiano, si parla di Quetzalcoatl, il dio-serpente venerato dai Maya, le cui raffigurazioni erano una costante nella vita sociale di quel popolo. Fra le rovine di un antico abitato mesopotamico, nei pressi di Ur, alcuni decenni or sono vennero rinve- nuti, all’interno di tombe semisepolte, alcuni idoli in terracotta chiaramente umanoidi ma con la testa di serpen- te. Nel Nord America la tradizione dei Nativi americani Hopi racconta dell’esi- stenza di una razza di uomini rettili che vivrebbe sottoterra, chiamata Sheti o “Fratelli Serpente”. Nelle scritture e leggende dell’India sono citati i Naga, esseri a forma di serpente che si riteneva vivessero sottoterra, pur avendo contatti anche con gli uomini. In alcune versioni si riferiva che tali esseri avevano vissuto su un continente che si sarebbe poi ina- bissato nelle acque dell’Oceano Indiano. I testi indiani parlano anche di un’altra razza di uomini-serpente chiamata Sar- pa. I Syrictæ (in greco: Skiritai, in Latino: Sciritae), una tribù di uomini con narici simili a quelle dei serpenti al posto del naso con gambe a forma di serpentina. • 23 Di tutte le culture solo quella ebrai- ca ripudiò il serpente e lo scacciò dalla sua primaria posizione, provocando una perdita inestimabile e il prevalere dell’oscurità e dell’illusione di possede- re verità che invece si erano ben nascoste nelle cavità delle rocce, degli alberi, del- la terra e di tutti quei luoghi naturali che avrebbero potuto nasconderle e proteg- gerle, mantenendole però a disposizione di quei pochi fortunati che, accogliendo- le, le avrebbe riassorbite in sé. L’ultima immagine che ci appare del Serpente è quella della Tentazione. Lo vediamo mentre tenta la “prima” donna creata dalla costola di un uomo, Eva, e accanto a lui vive una succosa e rossissima mela, anch’essa simbolo della Grande Madre archetipa e della sua immensa fecondi- tà. La tentazione del Serpente alla Don- na è la tentazione di lei di riafferrare la Conoscenza che da sempre le era stata accessibile, e che ora sembrava preclusa da un ordine piovuto da un Dio Padre celeste, che dall’alto dei cieli non poteva più avere nessun contatto con la sacra- lità della Terra vergine e sensualmente rigogliosa. Alcune sette che si defini - scono “cristiane” (e fra queste anche i Testimoni di Geova) affermano che Dio mandò il diluvio per distruggere, oltre all’umanità perversa, anche i Nefilim, che erano (sempre secondo la loro te- oria) i giganti nati dall’unione carnale tra angeli incarnati (i figlioli di Dio, gli Elhoim dal corpo rettiloide) e donne del genere umano. • 24 Da cui la leggenda dei santi cristiani uccisori di draghi, la cui figura di spicco è rappresentata da S. Giorgio, con una leggenda sorta al tempo delle Crociate, e probabilmente, influenzata da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, trovata a Costantinopoli, in cui il so- vrano schiacciava col piede un enorme drago, simbolo del “nemico del genere umano”. La fantasia popolare ricamò sopra tutto ciò, e il racconto, passando per l’Egitto, dove San Giorgio ebbe de- dicate molte chiese e monasteri, diven- ne una leggenda affascinante, spesso ripresa nell’iconografia. San Giorgio non è l’unico personaggio che uccide un drago: anche ad altri le leggende ricono- scono simili imprese, come ad esempio in Italia san Mercuriale, proto vescovo e patrono di Forlì, spesso raffigurato nell’atto di rinchiudere appunto un drago in un pozzo. Altri santi ammazza draghi sono il greco S. Demetrio (sem- pre su un cavallo nero, mentre S. Gior- gio lo ha bianco) e san Teodoro, martire d’Amasea. Icona custodita nella chiesa di San Giorgio Extra, che raffigura San Giorgio mentre uccide il drago; sullo sfondo il Duomo e la città di Reggio Calabria. Da: http://it.wikipedia.org/ wiki/File:Reggio_calabria_icona_san_ giorgio_martire.jpg. Probabilmente si fa riferimento a Giorgio di Cappadocia, che al servizio dell’imperatore romano d’Oriente, obiettò l’ordine di bruciare incenso davanti alla statua di Diocle- ziano e divenne martire per testimo- niare la sua obiezione di coscienza che non ammetteva altro Dio al di fuori del suo. Fu sepolto e venerato a Lydda (330 d.C.), lontano dalla sua Cappadocia, il suo culto fiorì sulle sponde del Nilo confuso a scene che rappresentavano l’imperatore Costantino, il liberalizza- tore del culto dei cristiani, che calpesta il dragone nemico del genero umano soccombente ai suoi piedi nell’atto di mordere la polvere, e tal’altra al dio Ho- rus nella sua divisa romana che trafigge il coccodrillo, che simboleggia Set, altro spirito del male, che soccombe tra le zampe del suo cavallo. Importato in Oc- cidente il mito e la leggenda di Giorgio il cavaliere è diventato l’archetipo occi- dentale della lotta tra il bene e il male, della sfida tra paganesimo e cristianesi - mo. Il mito di Giorgio martire cavaliere che uccide il dragone divenne il culto di tutto l’Occidente, venerato sub occiduo cardine , tutt’uno con la bandiera rosso- crociata in campo bianco di inglesi e genovesi. Riccardo, cuor di leone, che andava alla guerra disse di aver visto il santo dargli forza e guidarlo con le sue truppe cristiane alla vittoria. Edoardo III non dimenticò mai di urlare prima di andare in battaglia St George for En- gland e con i coraggiosi e i più forti fon- dò l’Ordine di san Giorgio, detto della Giarrettiera: il costume di cingere attor- no alla gamba una giarrettiera di seta azzurra con la fibbia d’oro e sopra, rica - mate, le rose dei Tudor. Il santo incarna l’ideale della cavalleria medievale e ne indossa l’armatura, abbandonando il rosso del mantello che ne ricordava il martirio. Sul suo cavallo impennato ca- rica la lancia contro il drago liberando la principessa che attende soccorso in preghiera, sullo sfondo di un paesaggio immerso nel verde. Ci sono anche altre versioni, però, come quella narrata nel “Liber Notitiae SanctorumMediolanii”. Essa racconta invece che San Giorgio avrebbe vissuto in Brianza. Un drago imperversava da Erba fino in Valassina, facendo strage tra le greggi. Quando ebbe divorato tutti gli animali, la gente di Cravenna cominciò a offrirgli come cibo i giovani del villaggio, di volta in volta estratti a sorte. Capito però che anche la principessa Cleodolinda di Morchiuso diventò una vittima, e fu le- gata presso una pianta di Sambuco. San Giorgio arrivò in suo soccorso e offrì dei dolci al drago per addolcirlo. Il drago seguì San Giorgio fino al villaggio, dove il Santo lo decapitò con un sol colpo. In ricordo di quell’evento, ancora oggi il 24 aprile, giorno di San Giorgio, in Brianza si preparano i “Pan meitt de San Giorg”, dolci di farina gialla e bianca, latte, burro e fiori, essiccati di sambuco. Per questo il grande San Giorgio, patrono dell’Inghilterra, dei soldati, degli Scouts e di Ferrara, è anche protettore dei lattai lombardi, che usavano tenere un altari- no in suo onore nel negozio. S. Giorgio chioggiotto, di Anonimo, proveniente da un magazzino del sale a Chioggia. Vedi: http://www.gioiosani.it/storie/ alibrandi/index.htm. • 25 Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/ Uomo_rettile. • 26 Dalla millenaria cultura del druidi- smo, molto importante è il Kemò-vad, un metodo naturale per risvegliare la propria energia vitale e per un percorso alla scoperta di sé. Il Kemò-vad rappre - senta una forma di meditazione dina- mica utilizzata migliaia di anni orsono dall’antico druidismo europeo. Pratica- ta in seno alla disciplina di arti marziali dell’ordine monastico-guerriero dello Za-basta, costituiva l’apprendimento individuale dell’arte del combattimento e la preparazione interiore all’esperien- za mistica della conoscenza dello Shan, il nome con cui gli antichi druidi defi - nivano la Natura nel suo aspetto imma- teriale. Un’esperienza che permetteva di realizzare il Potere interiore. Le ori- gini storiche della Kemò-vad affondano negli antichi miti druidici. Il Vuoto e il Pieno: Armor, Argoat, le due anime del- la Bretagna. Due termini celtici che si- gnificano “terra del mare” e “terra delle foreste”. Queste due definizioni hanno molte interpretazioni e sono ciò che caratterizza maggiormente lo spirito della Bretagna. Armor è l’aspetto estro- verso, coinvolgente ed empatico, Argo- at è l’aspetto nascosto e interiorizzante. Il concetto di “vuoto” e “pieno” della Kemò-vad è ben rappresentato da que- sti due termini. Han e Ham, secondo un linguaggio ancora più antico, sono le due contrapposizioni di “vuoto” e “pie- no” che si uniscono nella dimensione “neutra” dello Shan, la Natura nella sua essenza più intima. Han è Armor, Ham è Argoat. La dimensione orizzontale di Armor, simboleggiata dal mare, si incontra con la dimensione verticale di Argoat, simboleggiata dagli alberi del- le foreste. Armor, il confine della costa, Argoat, l’interiore della foresta. • 27 Va qui detto, con ampia prudenza, s’intende, che, anche se nel panorama iconografico degli alieni, incontrati in esperienze del III tipo, domina da de- cenni la figura di bassa di statura uma - noide con una grande testa dominata da altrettanti due grandi occhi, creature oggi conosciute presso i cultori dell’ar- gomento e verso il vasto pubblico con il termine di “grigi”; esse non sembrano rappresentare la sola iconografia aliena possibile, senza lasciare posto ad altre raffigurazioni. Infatti, non mancano esempi di testimonianze che riguarda- no creature aliene rettiloidi. Ne esistono vari casi rilevati negli USA e alcuni an- che in Italia. Ad esempio nel cosiddetto “triangolo del mistero”, in un’area parti- colarmente vasta che comprende le pro- vince di Bologna, Ferrara e Rovigo, per circa un ventennio a partire dagli anni

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