Shiatsu News 35 marzo 2012

NEWS 31 sti, che quando si è giovani si hanno certe aspirazioni e delle capacità che invecchiando non si avranno più. È un po’ come se si cambiasse automobile o casa, città o paese. Si va ad abi- tare in un altro continente ep- pure siamo sempre gli stessi, pur all’interno di un cambia- mento che avviene, di cui pren- dere atto senza rammaricarsi: “Eh, purtroppo ora non riesco più in certe cose che da ragazzo mi venivano così bene... Come di chi scalava le montagne o ballava fino all’alba, o guida- va tutta la notte per incontra- re una ragazza e un’altra notte per tornare a casa. Allora? La signora cammina insieme alla cagnolina scodinzolante per la campagna col mondo che si apre davanti a sè. Basta aprire gli occhi e si può vedere tutto il mondo dispiegarsi di fronte. Non c’è bisogno di andare in paesi esotici, lontani, misterio- si. Le meraviglie sono ad ogni passo dell’esistenza. Solo chi è veramente appassionato può lasciare una passione. Solo se si è capaci di arrivare fino al fondo si può lasciare cosciente- mente e lasciarsi prendere dal passeggiare con una cagnolina come la signora. Non è semplice lasciarsi pren- dere completamente e nello stesso tempo rimanere se stes- si. Però, se non ci si immerge fino in fondo si lasciano le cose a metà, senza che siano conclu- se, e questo provoca del ram- marico. Il rammarico è il sen- timento di chi non è capace di andare fino in fondo. Si può smettere di fare anche il maestro? Tanti anni fa ho letto un rac- conto giapponese ambientato in Cina. Un ragazzo va a scuo- la di tiro con l’arco sottoponen- dosi a una durissima pratica. Diventa talmente bravo da far cadere un uccello in volo sem- plicemente mirandolo col dito, senza scoccare alcuna freccia. Ormai anziano, e raggiunto il massimo della maestria, non tira più. Una volta, entrando in una casa dove c’era un arco ap- peso ad una parete, esageran- do un po’ secondo me, doman- da: “Che cos’è quell’attrezzo?”, proprio a significare che aveva chiuso completamente. Questo per dire che non ci sono rego- le per cui tutti quanti fanno le stesse cose. Si segue il pro- prio percorso, comportandosi secondo il carattere, la cultu- ra e l’ambizione. C’è chi sen- te di più il servizio d’insegna- re e chi lo sente meno. Perché imparare, a tutti i livelli, com- preso giocare a carte, apporta felicità a chi entra nel mondo dell’arte. Tanto più vale per il maestro che è in grado di in- dicare la via da seguire per l’illuminazione. Se si è capa- ci d’imparare, di saper sfrutta- re l’insegnamento del maestro, può bastare poco, non ci vo- gliono duecento anni. Perché il maestro si rivela ogni momen- to. Se uno maestro lo è non può mai ritirarsi, può solo pensa- re che quanto ha detto sia già sufficiente. Perché un maestro bravo fa crescere dei discepo- li che siano in grado di conti- nuare la trasmissione. Insom- ma, se un discepolo è attento si accorge che il maestro non si ritira mai. Io sono vissuto un anno con Mumon, e nei lunghi viaggi che abbiamo fatto se- duti accanto in macchina, o in treno, o quando la sera prende- vamo il tè, e in tutte le altre oc- casioni in cui capitava di stare da soli, mai l’ho sentito parla- re di zen. Però è proprio il ma- estro che non parla di zen che si dovrebbe seguire più atten- tamente. Perché parla diretta- mente al maestro che è ognu- no di noi. Solo un vero maestro può smettere di fare il maestro, perché sa che la maestria si ri- vela in ogni situazione. • n. 35 - Marzo 2012

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