Shiatsu News 29 settembre 2010

alla creazione del migliore protocollo di comunica- zione, cercherà di attivare un canale valido che gli permetta di essere compreso, con il minor sforzo possibile. Il denunciare un malessere, così come il par- lare del più e del meno o raccontare un epi- sodio della propria vita che possa in qualche modo essere singolare ed attirare l’attenzione, servono all’individuo per “preparare il campo” sul quale i due estranei si incontreranno, for- nendo ad entrambi il maggior numero di punti di riferimento e di schemi linguistici e semanti- ci adeguati alla comunicazione. Tanto maggiore sarà la quantità di queste informazioni e strumen- ti, tanto più realizzabile sarà il contesto, semplice, unico ed inderogabile per il successo del trattamen- to che l’individuo vuol fare a se stesso. L’individuo ha bisogno di essere ascoltato, più che di essere compreso (non consideriamo questa la sede per entrare nel meri- to delle competenze e dei doveri dell’operatore shiatsu), cosa che avverrà al momento opportuno ed in maniera riflessiva ed introspettiva. Per esprimere e comprendere sé stesso l’individuo ha bisogno che qualunque cosa dica o qualunque emozione esprima, siano oggetto di piena attenzione da parte dell’interlocutore e fará quindi quan- to necessario per creare le condizioni per essere ascol- tato (sentito, nel senso più ampio del termine). Questa fase costruisce i presupposti per la realizzazio- ne della “fiducia” , necessaria ed indispensabile per il momento che consideriamo l’inizio del rapporto profes- sionale tra “individuo” e operatore, ovvero la pratica del trattamento shiatsu. Se diamo per buone le considerazioni precedenti, do- vremmo dare per assunto che il trattamento é in effetti la parte finale della seduta di shiatsu. La terza fase: incontro fisico mediato da una sequenza shiatsu. Ha inizio con il primo contatto fisico (la mano che si ap- poggia sul corpo del ricevente), che, come sappiamo dai rudimenti di neurologia e psicologia, attiva un ulteriore strumento di lettura e di valutazione nell’individuo (par- liamo del ricevente e estromettiamo per il momento il praticante). Qui il gioco si fa davvero sottile.. Il trattamento shiatsu, la parte fisica della comunicazio- ne, coinvolge notevolmente il praticante e mette costan- temente in discussione il “rapporto” tra i due individui. stimola la creatività e la fantasia dell’uno tanto quanto l’intelletto e l’istinto dell’altro, in un continuo susseguirsi di scambio di ruoli (tant’é che l’operatore gode del trat- tamento che sta facendo, tanto quanto e talvolta più del ricevente, cosa che potrebbe spesso, paradossalmente, divenire causa dell’insuccesso del trattamento). Il trattamento dei meridiani o delle aree che inizia con la pressione sul singolopunto, le formee le tecnichedi transi- zione che garantiscono fluidità e rotondità al trattamento, sonotuttimomentichesublimanoinquellacondizione(che a m o affettuo- samente definire “stato di grazia”), la cui durata ed inten- sità dipenderanno certamente dalla capacità dell’opera- tore di mantenere il proprio contatto con “hara”, ma che trovano realizzazione soltanto quando queste determina- no e favoriscono la realizzazione di un fenomeno magi- camente semplice: creano “spazio”. In tutte le tre fasi principali (e nelle migliaia di interme- die..), quando decidiamo di prenderci cura di noi, quan- do decidiamo come e quando applichiamo il come, noi siamo soli con noi stessi e soltanto quando siamo soli, quando abbiamo lo “spazio” per osservare e per riflette- re, ecco che la consapevolezza affiora nel migliore hu- mus, ecco che l’individuo “vede” la soluzione, la risposta ad un dubbio, che ha gli strumenti nel pieno potenziale per “muovere” la triplice sfera (corpomentespirito) nel- la direzione dell’equilibrio e dell’armonia. L’istante della consapevolezza dell’alunno non avviene se non dopo che l’insegnante ha terminato la spiegazione dell’argo- mento, e dopo che questa spiegazione è stata assimila- ta ed è pronta per essere elaborata. Soltanto quando il “toccare” si conclude, il “toccato” rivela a se stesso gli ef- fetti di quel contatto. Quando alla fine dello tsubo l’ope- ratore incontra la superficie del meridiano, il fuoco della vita, egli crea “esperienza”, e non vi è alcun esempio in natura in cui l’esperienza sia contestuale alla consape- volezza, se non dopo il suo termine. Se è così, allora lo shiatsu e la terapia non si incontreran- no mai, né, sotto certi aspetti, potranno mai essere causa o effetto l’uno dell’altra. Se è così diventa facile comprendere e dissertare sull’amore infinito che Shitzuto Masunaga esprime con il suo aforisma: nello shiatsu il nostro maestro è il riceven- te . Perché non indulgere ad un contributo, con l’afferma- zione che egli è l’unico ed insostituibile “terapista” di se stesso e che l’operatore ha l’unica fortuna di essere “lì, mentre tutto accade” . 33 ShiatsuNews 29

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