Shiatsu News 49 Settembre 2015

12 n. 49 - Settembre 2015 Colore, tessuto e misura Il termine .HVD deriva dal sanscrito .DVŅ\D FKH VLJQL¿FD ocra, arancione: nella comu- QLWj EXGGKLVWD RULJLQDULD SHU XQLIRUPLWj H SDUVLPRQLD OH vesti andavano tinte, per tutti, del medesimo colore, .DVŅ\D appunto, usando come colo- rante un certo tipo di argilla pigmentata. In Cina, .DVŅ\D YHUUj WUDVOLW- terato imitandone il suono e VDUj FRPSRVWR GD GXH LGHR- grammi jia sha , diventando poi .HVD in Giappone, dove, DFFRPSDJQDWR GDO SUH¿VVR RQRUL¿FR GLYHQWHUj ŭ .HVD . La storia del .HVD , del suo confezionamento e del suo si- JQL¿FDWR UHOLJLRVR VL VYLOXSSD e s’intreccia così con la storia della diffusione del Buddha Dharma 5 nei vari paesi e nel- le diverse regioni. In Cina, Tibet e Giap- pone, si ebbe una VWUDWL¿FD]LRQH VLQFUH- tica dei vestiti religiosi in funzione del clima: in Cina, i monaci por- tavano vesti di stile cinese sotto l’abito di stile indiano, che fu- rono successivamente introdotte in Giappone come vesti buddhiste; veniva utilizzata una veste hensan sotto il .HVD , talvolta abbina- to ad un abito, il kun- su . Hensan e kunsu , cuciti insieme, si tra- sformarono nel kolo- mo , abito tradizionale del monaco zen. Il tessuto usato per confezionarlo, come anche la ciotola per elemosinare il cibo, doveva essere libero da desi- derio e attaccamento, attitudi- ni del comportamento umano FKH ³DYYHOHQDQR´ 6 la pratica; poteva essere ricevuto in dono o recuperato dai tessuti scar- tati, o gettati nella spazzatura o, ancora, dalle bende dei su- dari. “L’abito funziona simbolica- mente per produrre un salto rispetto al mondo ordinario” 7 : se i laici ambiscono vestirsi con abiti preziosi, lussuosi o ricamati, i monaci, o più esat- tamente i VDQQ\DVLQ 8 , ovvero i rinuncianti, trasformando ciò che viene disprezzato e scar- tato nell’abito sacro, simbolo GL SXUH]]D H ERQWj SUDWLFDQR e testimoniano il non attacca- mento. ll .HVD , in quanto abito del- la rinuncia a se stessi e della emancipazione da una visione idealistica, dogmatica dell’esi- stenza, non è solo o tanto espressione dell’osservanza di una regola, ma una sola cosa con il Dharma stesso. Originariamente, la veste, ci- vara , era fatta di tre pezze. Come anche in ambiente mu- sulmano, il vestito rappezzato – hirga – è caratteristico degli appartenenti agli Ordini misti- ci, i 6X¿ in Persia; è formato da tre strisce di tela e pre- scritto durante le Cerimonie di pellegrinaggio alla Mecca quale simbolo di entrata nello ³VWDWR VDFUR´ R haram . L’insie- me dei tre abiti descritto nella letteratura 9LQD\D 8 si riferisce a vesti rettangolari costituite da più pezzi e concepite per avvolgere il corpo, regola che ancora oggi i monaci della tra- dizione Theravada osservano, portando l’abito direttamente sulla pelle come ai tempi del Buddha. 1HOOD 7UDGL]LRQH =HQ 6ŮWŮ DQ- cora oggi i monaci cuciono il proprio .HVD : nero 10 per i no- vizi, e solo successivamente, una volta diventati eredi del Dharma del proprio Maestro, ocra. La cucitura dell’abito è consi- derata una pratica alla stregua dello zazen , la contemplazio- ne: ogni punto deve essere completo in se stesso perché cucire non ha nulla a che ve- dere con perfezione ed imper- fezione, come vivere una vita religiosamente orientata: “Cucire il Kesa è praticare la Via. Se si vuole prepara- re un Kesa bisogna seguire le autentiche regole della Trasmissione per quel che riguarda il colore, la misura, la qualità. Dobbiamo segui- re il metodo trasmesso da tutti i saggi, i bodhisattva e gli dei dragoni.” made in Japan ˜˜ȱ Š Š”’ȱ ˜œ‘’

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