Shiatsu News 46 dicembre 2014
re reattivo e non attivo. Il modello educativo, il contesto culturale, il “campo” nel quale siamo cresciuti, determinano in modo dominante la qualità del- le nostre azioni. Noi, secondo questa visione, non siamo noi ma la somma dei condiziona- menti assorbiti dall’ambiente in cui siamo cresciuti. Se prendiamo per buono questo assunto va da se che anche le ri- sposte che diamo alle tematiche con cui ci confrontiamo in una seduta sono suscettibili di questo condizionamento. Rischiano di essere il frutto delle nostre pro- iezioni a loro volta poco attinenti anche alla nostra reale natura. Ogni modalità operativa è ca- ratterizzata da una specificità che possiamo definire tecnica. La tecnica caratterizza e defini- sce in modo riconoscibile ogni modalità di relazione corporea. Ognuna di queste ha le proprie peculiarità e specificità, tuttavia sono delle astrazioni senza qual- cuno che le esegua. Aderenti come siamo al modello maschile, quello a cui assistiamo sempre più è l’esaltazione della tecnica. Il prezzo che si paga è la perdita nell’equilibrio dei ruo- li nella relazione o, addirittura, della relazione stessa. C’è chi sa o presume di sapere e quindi fa e chi invece passivamente subisce. È una sorta di delega a qualcuno o, come nel caso di uso di farmaci, a qualcosa rispetto a un tema che non si sa o non si vuole guardare. In questo modello poco importa se il cliente viene sempre più de- predato del suo potere personale, della fiducia nelle proprie risorse, del valore insito nel processare quel tema. Quante volte ci siamo sentiti frustrati dall’aver subito atteggiamenti di questa natura? La modalità biodinamica opera nella direzione dell’ empowering cioè nella valorizzazione delle risorse e delle capacità del clien- te di trovare la propria strada e nel sostegno di queste qualità. L’ascoltoneutrale apre spazi nuo- vi a nuove soluzioni, a nuove or- ganizzazioni che permettono di riconoscere gli impedimenti che mettiamo alla naturale espres- sione della vita. L’approccio bio- dinamico non può prescindere dall’operatore e dalle qualità che mette in gioco e che costituisco- no la relazione stessa. È già stato detto che, quando l’applicazione della tecnica è l’aspetto dominante, l’impor- tanza della qualità dell’operato- re è meno influente. Ricordo, giusto per non dimen- ticarcene, il suggerimento che ci proviene dall’epigenetica: noi non siamo chi pensiamo di es- sere ma la somma dei processi attraverso i quali siamo passati nel percorso della nostra esi- stenza. Quello che noi siamo è quello che offriamo. Diventare sempre più consa- pevoli delle nostre dinamiche relazionali, siano esse di carat- tere operativo o più riferite alla propria capacità di accogliere la persona valorizzandone tutta la sua bibliografia, diventa essen- ziale. Lasciare spazio, condizio- ne fondamentale da cui sorge il cambiamento, presuppone non solo tenere una “distanza” ido- nea a livello fisico, evidente nel- la craniosacrale dal modo in cui si appoggiano le mani o nello shiatsu dal modo in cui si porta la pressione, ma anche e forse soprattutto togliere i propri pre- giudizi, le proprie opinioni di come le cose dovrebbero essere o vorremmo che fossero. I no- stri pensieri, le nostre intenzioni occupano spazio. Accedere alla neutralità è dare spazio. “Essere ascoltati è essere guariti” Questa è un’esortazione con cui introduce i suoi seminari uno dei più autorevoli rappresentati attuali della biodinamica: Mike Boxhall . La biodinamica non è una tec- nica, è un’attitudine, un modo di essere. La capacità di ascoltare non è una qualità comune e presup- pone il sapersi ascoltare. È comunque una qualità appli- cabile a qualunque tecnica e in ogni momento. Aognuno il compitodi esplorarne l’efficacia a partire forse dall’espe- rienza suggerita all’inizio e a pre- scindere dalla propria modalità operativa. Potremmo veramente rimanere sorpresi dall’efficacia di questo ascolto, se solo ci permet- tessimo di provare. • n. 46 - Dicembre 2014 NEWS SHIATSU E… 15
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