Shiatsu News 35 marzo 2012
n. 35 - Marzo 2012 NEWS 50 SULL’ESAME… Dedicato a chi L’ESAME NON LO HA SUPERATO di Daniele Harunobu Giorcelli S to tornando a casa dopo una giornata di esami per l’iscrizione al RIOS (Registro Italiano degli Operatori Shiatsu). Incomincio a sen- tire la stanchezza che scende come un pesante e umido velo che mi avvolge. Certo non è paragonabile alla stan- chezza di quando ero un commissa- rio della FIS e ricevevo anche 10-12 trattamenti in un giorno, a volte per 3 giorni di fila. E le interrogazioni orali con tutto il pathos e la ricerca di un linguaggio va- lido per tutti... Mamma mia che fatica! Ora tutto è più facile, sono solo 2 i trattamenti che ho ricevuto. Il linguaggio durante le interrogazio- ni è quello del mio stile di shiatsu. Il mio ruolo è quello di responsabile didattico della mia scuo- la che gestisce insieme ai commissari FIS l’esame congiunto. Ma certe cose non cambiano mai. Torno a casa stanco, ma prima ci fermiamo a bere un bicchiere per festeggiare il successo con gli stu- denti ora diplomati e diventati “professionisti” che mi guardano stralunati come se li prendessi in giro quando stringo loro la mano e dico: “Pia- cere, collega”. Sono stanchi, ma con gli occhi luci- di, e come antichi guerrieri che narrano le loro sto- rie di battaglie intorno al fuoco ora condividono al desco racconti di studio, di paura, di incertezza, di successo. Grandi risate. Ma non ci sono solo queste storie. Questa stanchezza è una stanchezza dolce. Ci sono altre stanchezze: rabbiose, disilluse, tristi. Chi ha passato l’esame e ora si gode il momento di glo- ria lo fa a spese di chi non l’ha passato. Grazie alle persone che non ce l’hanno fatta ci si rende conto che si poteva anche non superare l’ostacolo, che l’esame ha un valore, richiede impegno, anche un pizzico di fortuna, non lo si può dare per sconta- to. Se tutti lo passassero non avrebbe significato e non farebbe paura. E dopo non ci sarebbero esal- tazione o delusione. Chi non ce l’ha fatta, non importa se tutto l’esame è andato male o solo in parte, non gioisce e sta rimuginan- do, a volte imprecando o piangendo. È già successo mille volte, altre mille volte accadrà. Per qualsiasi esame. Ognuno in cuor suo sa se è stata sfor- tuna o preparazione insufficiente. Se deve cambiare metodo di studio. Se l’emozione è stata troppo forte ed ha destabilizzato mani e intelletto. Questo è un momento difficile. Ma è qui che ini- zia un altro esame. E chi ha vinto non potrà impa- rare questa lezione. Titolo: “Come risollevarsi da terra e continuare”. Sì lo so, non è poi un dramma, è solo un esame, non stiamo parlando di malattie, morti, tragedie. È solo un esame. Che si può ridare. Forse lo ab- biamo sbagliato proprio perché lo abbiamo carica- to di troppa importanza. E alla fine l’enorme ten- sione che abbiamo creato si è equilibrata nel modo più facile: sbagliare, fallire. Ma rimane sempre e solo un esame. Sono solo ore, giorni, settimane, mesi, maledizione! Sono anni! passati a studiare per cosa? Per sentirmi dire che no, torna un’altra volta?! La tentazione di recriminare è forte. La voglia di puntare il dito si fa strada. È colpa della FIS, degli insegnanti, dei commissari, della sfiga, di se stessi. E ora cosa penseranno di questo i miei amici, geni- tori, figli, insegnanti, clienti? Cosa posso pensare di me stesso? Quasi, quasi, mando tutto al diavo- lo! Oppure inizio una bella crociata. Sì, glielo di- mostrerò che ho subìto un’ingiustizia. Probabile. Anzi è quasi inevitabile che qualcuno non abbia un trattamento del tutto adeguato. Ad ogni convegno, esame, uscita del giornale si sbaglia qualcosa. Si lamentano gli iscritti, i can- didati, gli inserzionisti. E si migliora. Lo fanno le scuole, gli insegnanti, gli allievi, il nostro sistema immunitario. Lo fa perfino la FIS! La FIS (ovvero
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