Shiatsu News 32 giugno 2011

NOTIZIE LEGALI 28 KOAN In un famoso koan della tra- dizione un maestro pone ai discepoli il problema di un uomo sospeso su un preci- pizio tenendosi a un ramo soltanto con i denti. Passa una persona che gli fa una domanda e il maestro chie- de ai discepoli: “Se risponde perde la sua vita, se non ri- sponde perde la sua dignità. Che deve fare?”. Certo é un gran problema, ma forse c’é qualche esagerazione, per- ché non vedo come possa capitare di stare appesi ad un ramo soltanto coi denti. Mia madre mi raccontava di un suo fratello che riu- sciva a sollevare un tavolo con i denti, ma lo faceva per sport. Comunque, a prescin- dere dalla forza dei denti, i koan pongono problemi che hanno valore in sé pur es- sendo campati in aria. Però la domanda implicita del maestro é: “Tra la vita e la morte, che scegli?”. Il caso del Bukkosan é molto line- are, perché qualunque per- sona si potrebbe trovare in una situazione simile. E non soltanto chi guida le moto, le automobili o fa il soldato: “Devo sparare o devo non sparare?”. Ora che non c’é più l’obbligo della leva militare si fa il soldato per scelta, spesso perché é l’unico modo per lavorare. Certamente ce ne sono che lo sentono come una mis- sione, però sembra che la maggior parte lo faccia per i soldi, com’era già nell’anti- ca Roma e successivamente, quando i signori feudali uti- lizzavano dei mercenari. In- somma niente é nuovo sotto il cielo. Fondamentalmente ogni essere umano, non solo la soldatessa, cerca di orga- nizzarsi un’esistenza nella quale scorrere con meno in- tralci possibili. La cosiddet- ta ricerca della sicurezza. La poesia fa l’esempio dell’au- tostrada a tre corsie, dove con tranquillità si può lan- ciare il proprio mezzo sen- za timore d’incidenti. Però, quando finalmente si ha un lavoro, una famiglia, si é in salute e si può pagare il mu- tuo della casa, può metafo- ricamente sbucare improv- visamente una bambina sui pattini a sconvolgere tutto. E facile immaginare quante bambine potrebbero creare situazioni in cui si debba decidere, in un istante, del- la propria vita e di quella di un altro. Non si può dare tutta la colpa alla bambina, alla quale hanno riempito la testa con la raccomandazio- ne di stare attenta ai signori che offrono caramelle. Pensa che di pericoli non ce ne sia- no altri, che si possa andare tranquillamente sui pattini, così va a sbucare di fronte al motociclista mentre si gusta le curve della strada. Così come si gode curvando sugli sci e in tante altre at- tività. Fino a quando, d’im- provviso, sbuca una bam- bina innocente. Ma anche chi guida in quel momento é innocente: non ha tagliato la curva, é sulla sua destra, eppure in quell’istante deve decidere. Il koan deve porre di fronte a situazioni impos- sibili: decidere ciò che non si può decidere, senza poter tornare indietro. Non si può recriminare dicendo: “Se mi ritrovassi nella stessa situa- zione agirei diversamente”, perché si é già morti, mai più capiterà la stessa situa- zione. Allora, alla soldatessa che dice: “Quando mi trovo a dover scegliere tra la vita e la morte come devo fare?” é giusto rispondere: “Chi pen- sa così é già morto”. Perché in quel momento, in quella situazione non si può pen- sare, si deve soltanto agire. Ma solo se si é vivi si potrà decidere, lasciando che la propria realtà agisca giusta- mente in un modo o nell’al- tro. Invece, se si é morti, ov- vero se non é il vero uomo che agisce, di fronte ad una situazione simile, non si sarà capaci di scegliere in un istante. Sono situazioni im- possibili da risolvere con la testa, si può solo lasciare che la situazione sia risolta dalla propria realtà, ovvero che la situazione si risolva da sé. Non é importante com- prendere se la situazione si é andata a cercare oppure é comparsa all’improvviso: il fatto é che la bambina sta lì davanti e c’é solo un istante per decidere se ammazzarla o se morire al suo posto. Per fortuna non tutte le decisio- ni da prendere hanno a che fare con la vita e la morte. Però, come dice il koan cita- to precedentemente, spesso c’é in ballo la propria digni- tà. Basta osservare molte persone pubbliche, come i giornalisti, i politici, gli at- tori, comprese le persone comuni, come spesso pre- feriscano, metaforicamente parlando, salvarsi la pelle piuttosto che la propria di- gnità. Certamente, se ci si trovasse davanti un rospo o un passero, si potrebbe decidere di non frenare per non provocare un incidente molto più grave: sbandare e finire contro la macchina che viene in senso contra- rio. Si può quasi pensare per valutare gli eventuali danni. Avendo di fronte un giovane essere forse non si dovrebbe rinunciare alla propria dignità, perché poi non ci si debba vergogna- re di sé quando si sarà in zazen o ci si guarderà allo specchio. Ma il punto fon- damentale del koan, che consiste nel morire a qua- lunque attaccamento, com- presa la propria esistenza, é il fondamento della pratica, come dall’esortazione del Buddha a Subuti: “Realizza- re, sviluppare, far maturare, far crescere, insomma far venire alla luce una mente che non abbia alcunché a cui attaccarsi”. Il maestro Takuan, al samurai che vo- leva diventare suo disce- polo di spada, chiese: “Mo- strami cosa sai fare”. Dopo la dimostrazione il maestro disse: “Io non ho niente da insegnarti. La disciplina che koan

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